La scala a chiocciola é stretta, i gradini poco profondi e scivolosi; lì accanto penzola una corda che fa le veci di un corrimano.
Una prima apertura nella pietra porta in un terrazzino e lascia entrare la luce del sole; qualche altro gradino e non c’è niente più in alto, le campane sono al nostro fianco e Noto si srotola ai nostri piedi.
L’ora non è casuale. A ovest il sole tramonta rendendo le pietre della città ancora più rosa e i confini tra mare e cielo un po’ meno netti.
La luna spunta dietro la cattedrale e nel corso c’è un abituale passeggio serale.
Le cittadine di questa provincia barocca sono una più bella dell’altra e si corre seriamente il rischio d’abituarsi. Ma un punto di vista diverso aiuta e quassù, in compagnia dei tetti, c’è un’atmosfera quasi cinematografica e sembra d’essere spettatori di una scenografia ben costruita.
Spettatori silenziosi, (perché i bei film non si guardano chiacchierando), lasciamo che al garbato vociare di laggiù risponda il martelletto elettrico che percuote le campane. Non troppo a lungo, per fortuna, a dire il vero.
Poi il profilo del custode spunta dalla tromba delle scale e ci conta…”per non dimenticare nessuno”. Ignoriamo il sottinteso e tiriamo per le lunghe, aspettando, se non il buio, (che il custode dovrà andare a casa pure lui…) almeno l’accendersi fioco dei lampioni. Ci toccherà scendere e, per quanto bello, non sarà lo stesso.