E chi meglio di un bambino poteva inaugurare il registro degli ospiti di questo nuovo anno e questo nuovo porto?
Anche se Michela e Gabriele, fedelissimi, ci avevano raggiunto già a gennaio, la prima new entry è quella del piccolo Matteo e dei “grandi”(mamma, papà, Nadia e Paolo) che hanno accompagnato e condiviso con noi il suo entusiasmo, la sua allegria e la sana e contagiosa vivacità che contraddistingue un bimbo “vero”.

In attesa di rivederli tutti per mantenere la promessa di far timonare Capitan Matteo, mi chiedo a cosa avrebbe pensato la sua fantasia bambina, sentendo parlare di un luogo denominato “Castello di Donnafugata”.
Cosa si aspetterebbe di vedere, e noi con lui, se non un maniero medievale con torri e merli e ponti levatoi, e nella torre più alta, un’infelice principessa rapita al suo vero amore…?
E invece no!
Con buona pace delle favole, il castello è una casa, una bellissima, aristocratica e antica casa dove, nell’Ottocento, il barone di Donnafugata trascorreva i suoi periodi di villeggiatura.
A cercare di mantenere l’alone romantico ci provano le leggende attorno all’origine del nome: dalla fuga della regina Bianca di Navarra, all’etimologia araba “fonte della salute”.
Nulla di storicamente certo e fatica francamente inutile perché il posto è affascinante a prescindere.
La mia anima “verde” più che le stanze affrescate,
le scalinate nero-lava e i costumi in mostra, è inguaribilmente attratta dal giardino che circonda il castello.
Ficus giganteschi, pini marittimi e un diffuso profumo di macchia mediterranea fanno facilmente immaginare cosa doveva essere nel suo pieno splendore.

Intatto, dai tempi del Barone, spunta tra gli alberi un labirinto di pietra bianca: muretti a secco che si snodano e si arrotolano e interrompono il cammino.
Ci perdiamo col gusto dei bambini che giocano e di fronte all’ennesimo vicolo cieco, con una saggezza che difficilmente applichiamo nella vita, torniamo indietro, scegliendo strade opposte a quelle che ci hanno condotto dove non volevamo.
