L’aia

Letteralmente l’aia è uno spazio di terreno spianato, accanto ad edifici rurali e da qui, come suffisso ( ghiacci..aia, abet..aia) un luogo destinato a contenere qualcosa. In questo caso il contenuto è piú volatile ma altrettanto concreto ed è il piacere della condivisione, dello stare insieme.
L’ “aia” in questione è un vicolo lastricato di sassi che porta al castello di Donna Fugata.
Sono le sette di sera e il palazzo è chiuso al pubblico ma lì intorno si tessono trame che non hanno nulla da invidiare alle stanze nobiliari. In un edificio adiacente, un massaro, come ogni sera, fa la ricotta. Riporta le possenti e brune mucche modicane nella stalla, ne torna con i secchi di latte appena munto, li versa insieme al caglio bollente in un grande paiolo, mescola e mette sul fuoco.

Ci sono solo calore, attesa ed esperienza ma il risultato è la ricotta.

Calda ed umida, ad un costo irrisorio viene offerta agli avventori di passaggio.
Con Jonathan e gli ospiti del “Buenaonda” approntiamo una tavolata alla buona, aggiungiamo pane e vino portati da casa e nutriamo corpo e soprattutto spirito, mentre sullo sfondo i merli del castello si stagliano nitidi in un cielo che, da azzurro, si fa pian piano indaco.

A pochi passi da noi, convivono i tavoli di un ristorante. Non so quante stelle abbia il locale ma questa sera ci basterà guardare in alto per vincere la sfida: le nostre saranno decisamente di più.

Pubblicato da cautha16

Se pensi che l'avventura sia pericolosa, prova la routine. E' letale. (Paulo Coelho)

Una opinione su "L’aia"

  1. Sapeste quanto mi ha fatto piacere ed effetto vedere le foto e leggere le semplici e significative riflessioni di una serata passata insieme all’insegna di grande improvvisazione e sincera amicizia. La simpatia mi ha portato ad approfondire la vostra conoscenza. Leggendo il blog inizio a dare risposte ad alcuni interrogativi che mi ero posto quando ci siamo visti. Ancora ovviamente non ho tratto alcuna conclusione ma il tempo è galantuomo.
    A proposito del post che ho inviato a parte, il discorso di vederci a Roma, visto il vostro mezzo di trasporto, lo vedo difficile.
    Comunque nel dubbio sto mettendo i soldi da parte per far dragare il Tevere ed incontrarci a Ponte Sisto! Ma forse sarà più semplice tornare nuovamente a Ragusa e ciò è molto probabile tenuto peraltro conto dell’ospitalità di Jonathan.
    Un abbraccio a presto
    Ugo

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