Visi senza rughe, fianchi senza peso, sguardi senza dubbi, cieli senza nuvole, luoghi senza malinconia. A sfogliare il mondo da uno schermo sembrerebbe di vivere in un luna-park perenne, persino faticoso col suo imperativo categorico che non ammette ombre: foto patinate e sorrisi smaglianti. Ovvio che la realtà è ben altro (e ben di più… ) ma l’idea che la perfezione, o meglio, l’assenza di difetti sia l’unico passaporto per piacere, mi pare idea comune. Ed è proprio a questo che penso, ancora costretta a terra dai lunghi tempi di manutenzione di Cautha.
E ci penso perché il luogo che gentilmente ci ospita trabocca di difetti, sbavature e imperfezioni.
Meravigliose imperfezioni!
Il limone che con i suoi rami sfiora le vetrate della veranda ha foglie dai margini imprecisi ma accoglie stuoli di colorati cardellini al tramonto; ha frutti più o meno ovali, più o meno gialli, più o meno maturi ma profumano in modo inebriante e hanno un succo delizioso, dolce ed aspro allo stesso tempo. Accanto a lui un prato incolto è perfettamente infestato di trifoglio. Sarà anche erbaccia ma ha un fascino raro. Con gli steli alti fino al polpaccio diventa un tappeto giallo ai primi raggi del sole. Invade con un miracoloso equilibrio di colori e sfumature la terra su cui cresce. Si mescola con borragine, radicchio, menta, erba burro, come la chiamano qui, senza ordine, in un affascinante e spontaneo equilibrio.
E tutt’intorno i sassi irregolari dei muretti a secco, la linea curva della costa, i colori imprecisi e mutevoli del mare, il confine confuso e sfumato tra cielo e mare.
Non c’è nulla di perfetto.
Per fortuna!
Quando ero bambina, nel gioco che si faceva: se fossi…cosa vorresti essere?, alla voce “piante e fiori” scrivevo sempre, senza alcun dubbio “rosa” ma dovessi farlo ora, sceglierei un giallo, imperfetto, infestante, spontaneo e… affascinante prato di trifoglio.