
Mi chiudo la porta alle spalle. I gatti restano imperturbati, sollevano soltanto lo sguardo per un attimo. Persino gli uccelli, notoriamente timidi e timorosi, si spostano appena dal marciapiede che da qualche giorno hanno conquistato. Le strade sono deserte, le case chiuse, il mare e gli alberi in fiore cercano invano spettatori.
In piazza, sette, otto persone stazionano davanti alla bottega che li fa entrare uno alla volta. Si conoscono tutti e si salutano ma i sorrisi sono celati dalla mascherina sanitaria che hanno sul volto e i consueti gesti di avvicinamento sono sostituiti da un piccolo ma percettibile passo indietro nel rivolgere la parola a chicchessia. La filiale della banca del paese è vuota e silenziosa. La cassiera batte sui tasti del computer con i guanti blu che le impacciano i movimenti. Protetta dal vetro, lascia trasparire una professionale cordialità solo dal tono della voce perché il volto è quasi del tutto nascosto dalla maschera e dai capelli biondo miele che le cadono sulle guance.
Solo un mese fa tutto ciò sarebbe stato l’incipit perfetto di un racconto di fantascienza, adesso è quasi consueto. L’uomo ha dimostrato di abituarsi a tutto. Si è abituato a respirare monossido di carbonio, a mangiare cibo insapore, a conoscersi e a lasciarsi tramite whatsapp, ad ignorare il tramonto invidiando quello postato sui social…Potrebbe abituarsi anche a questo? Potrebbe continuare ad aver paura degli altri? Potrebbe, alla fine, trovar conforto in una solitudine asettica, confortata da un universo virtuale?
La cassiera mi passa il foglio per la firma. Sulla sommità del capo la ricrescita di capelli grigi è ampia e ben visibile. Un simbolo della nostra sudditanza all’apparenza ma, in questo momento, mi apre il cuore perché è la prova evidente (anche se ridicola e squisitamente femminile) che questo esistere attuale è subìto e forzato.
Quando tutto sarà finito potremo tornare ad essere quello che siamo. E speriamo, allora, di ricordarci che i nostri occhi ci servono per guardare lontano, oltre i nostri quattro muri, le mani per stringerne altre, la voce per cantare in coro e il tempo per goderne insieme, senza frenesia, con profondo, rinnovato e, magari, aumentato rispetto per il mondo che ci circonda.

Sarà un mondo migliore?
Lo spero con tutto il mio cuore, cara Cautha, qualcuno/qualcosa da lassù ci vuole insegnare che siamo degli emeriti imbecilli presuntuosi?
Ho la sensazione di sì.
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L’ottimismo è una dura disciplina ma mi sto esercitando da tempo…😉Speriamo nel meglio! Un caro saluto!
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