La chiesa di S. Pietro é veramente poco appariscente, mimetizzata com’è in mezzo a case di identico colore, ma salta agli occhi di chi é abituato a guardare in alto.
Svettano, infatti, sopra ai tetti, un cupolone color di pietra e tre cupole più piccole verde smeraldo.
Il passante curioso che accetta l’invito del suo portone aperto si trova in un interno non particolarmente suggestivo, ma se, fedele al suo primo istinto, alza lo sguardo, volgendo le spalle all’altare, si trova davanti l’organo di S. Pietro. É l’ottocentesco organo monumentale di Francesco La Grassa.
Questo geniale personaggio costruì e vendette il suo primo organo a 15 anni e, a poco più di venti, ne aveva realizzati una ventina.
Per questo capolavoro impiegò undici anni di fatica.
I numeri legati a questo strumento fanno impressione: sette tastiere ( che possono essere suonate a dodici mani), otto giganteschi mantici, quattromila canne, cento registri. Un’opera sorprendente che non può che suscitare un’ammirata meraviglia.
Qualche giorno fa, in occasione dei festeggiamenti per S. Pietro, abbiamo avuto il piacere di sentirlo all’opera, durante la prova generale del Requiem di Mozart. Più ancora dell’abilità dei coristi e degli organisti era impressionante la qualità del suono: limpido e pulito con un’ acustica veramente fuori dal comune.
E pensare che da quasi duecento anni, dall’alto della sua collocazione, fa scendere la sorprendente varietà di suoni che può produrre: ottoni, corni, violini, tamburi, pifferi, piatti, campanelli… È un po’ come fosse l’antenato illustre delle nostre tastiere.
Un’ orchestra nascosta in un organo, nascosto in una chiesa, nascosta dalle case… Sono contenta di averli scoperti!
E vai con il Dx7 primordiale !
Come state bella gente ?
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Benone. E voi quando venite a trovarci ?
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