Pantelleria, la perla nera del Mediterraneo.
Isola vulcanica, più vicina alle coste africane che non a quelle sicule, merita in pieno il suo soprannome. Nere di lava le scogliere, nera la terra, nera la sabbia, neri i muretti a secco che proteggono le viti dal vento.
Figlia del fuoco, l’isola è un misto di fierezza e condiscendenza. I vigneti, abbarbicati ovunque, sembrano posati sul suo suolo solo per sua gentil concessione
e i “dammusi” hanno l’aria d’essere l’unica abitazione che abbia deciso di tollerare. Queste case, basse, piccole, con i neri muri colorati da clematidi e bouganville in fiore, dove il bianco è concesso solo alle cupole e alle tende che sventolano appena, sono talmente integrate nel paesaggio che si fa fatica a vederle.
Abbiamo noleggiato uno scooter con cui abbiamo percorso il perimetro dell’isola passando da paesaggi marini a vedute rurali a scorci che sembravano una discesa agli inferi;
abbiamo fatto il bagno nello splendido Specchio di Venere, dalle acque tiepide, salmastre, scivolose e benefiche;
abbiamo cenato in una tenuta da sogno, da Salvatore Murana (grazie Vito per la dritta), bevendo il passito migliore mai sentito e un nettare divino, frutto di un arancio bicentenario e sono entrata nel suo giardino pantesco, una stanza a cielo aperto, di sassi, nera, che circonda e protegge gli agrumi;
eppure, tra tutte le sensazioni provate, quella più intensa resta quella di essere stata, in qualche modo, alla corte di una regina potente, affascinante, misteriosa, persino inquietante.
La corte della Perla Nera.