Qualche metro separa il grande piazzale dal molo d’ormeggio. Nel piazzale una manciata di camper parcheggiati. Lungo il molo altrettante barche a vela. Tutt’intorno cielo nero, pioggia a secchiate e groppi di vento improvvisi e violenti. L’acqua rabbiosa spazza il cemento e solleva nuvole di catrame. Due panchine di legno tentennano un po’ e poi vengono spazzate via. I tuoni esplodono nelle orecchie dei barcaioli che con la cerata e il motore in moto, sotto l’acqua, resistono al vento che spinge le barche sulla banchina. I camper oscillano, ma non troppo. Appena fuori dal porto tre neri imbuti fatti di nuvole. Dal loro interno un vortice gira e gira come un cavatappi di vento, tocca il mare e risucchia l’acqua nelle sue fauci. Il piú grande sfiora una barca a vela, per ripiegare poi su una gigantesca barca da crociera. Qualche eterno minuto e poi le trombe marine si esauriscono. Se aver sangue freddo significa mantenersi lucidi e tranquilli io sono prossima… all’ebollizione… Poi, quando la natura pietosamente concede tregua, la porta di un camper si apre e ne esce un omino tarchiato con un’anguria. Si appoggia al muretto e la taglia. Ha aspettato per non sporcare la cucina…
Lo guardo con occhi colmi d’invidia. Avrei pagato per essere stata al suo posto, ma a lui, non sarà certo venuto in mente…
E, del resto, anch’io devo sforzarmi per ricordare quei tanti che, purtroppo, farebbero volentieri cambio con me, anche se sono stanca, bagnata e spaventata.
L’uomo è un animale strano, non ha il senso delle proporzioni, sa bene quel che gli manca e molto meno ciò che ha, s’infuria per nulla e poi, a volte, la Natura ricorda a tutti le vere priorità…