“La Baba-a canta” diceva Silvia presentando i componenti del gruppo musicale del suo papà nel loro cd autoprodotto. Aveva tre anni e non ancora la “r”, sicché la cantante non era un originale talento di esotiche origini ma una “comune” Barbara di S. Giovanni in Persiceto. Che tanto comune in verità poi non fosse lo testimonia il fatto che, il primo giorno di nido, neomamma ansiosa al pensiero di abbandonare la creatura, avevo immediatamente rimosso ogni timore appena l’avevo guardata negli occhi. Maestra di Silvia, prima di cantante dei Tangram, aveva suscitato la mia simpatia e un’istintiva e profonda fiducia al primo sguardo. Amicizia di pelle che il tempo aveva confermato ma poi, con gli anni, diluito fino a farne perdere le tracce.
Ma siccome le cose belle e vere prima o poi riaffiorano, a distanza di 15 anni dall’ultimo incontro, complice la nostra avventura barcaiola, aggiungo proprio la sua firma al nostro registro.
E proprio con lei, gradita ospite in barca, condividiamo un altro ritrovamento.
Da un passato molto meno recente, dissepolti e riportati alla luce, i mosaici della Villa Romana del Casale, a Piazza Armerina ci stupiscono e ci incantano. Incredibili per ampiezza, dettagli, stato di conservazione, si snodano da una stanza all’altra dell’imponente villa padronale.
La soggezione e l’ammirazione che suscita l’insieme non possono che essere ombre di quelle suscitate un tempo e la fantasia non ce la fa a riempire i vuoti. Il desiderio d’essere catapultata nel passato per aggiungere colori e tratti, colonne e soffitti, fontane che zampillano, voci e frusciar di vesti (suoni diversi dal qui ed ora del vento e dello sbatter d’ali dei piccioni) è destinato ad esser disatteso.
Disatteso ma inevitabile. Figlio naturale non certo della frustrazione del poco ma, al contrario, della gratitudine per quel tanto e tanto bello che il tempo ha preservato per noi tutti.