Sono in “versione manovale”. Sul tavolo del pozzetto tengo fermo un profilo d’acciaio, passo le viti al consorte, procuro attrezzi. Fedeli al motto che in barca il bricolage non è un passatempo ma piuttosto un obbligo costituzionale stiamo costruendo una zanzariera per il tambuccio. Intanto, dal molo, arriva un ciarliero vociare. Poi una marea bianco rossa si riversa sui pontili. Le intenzioni d’una folla si riconoscono da lontano e in questa pacifica invasione non c’è traccia della competizione che accompagna gli eventi sportivi ma vi aleggia profumo di solidarietà. Individuo facilmente i gesti, le atmosfere, i modi di chi si occupa degli altri. Mi ricordano le veleggiate di “Tutti imbarcabili”a Marina di Ravenna. Allora ero in qualche modo protagonista, ora soltanto testimone ma ugualmente contenta e grata nell’ incontrare un’umanità generosa e solidale. Questa volta ad uscire in mare a vele spiegate sono medici, volontari e pazienti dell’AIL di Reggio Calabria (associazione che si occupa dei malati onco-ematologici). Il loro progetto dalle omeriche risonanze, Progetto Itaca, si pone come obiettivo la diffusione della vela terapia per migliorare la qualità di vita dei malati e, guardando questo fiume di persone allegre, sorridenti ed emozionate prendere il largo non si può che convenirne. Del resto se c’è qualcosa che per sua natura spoglia l’essere umano da qualsiasi sovrastruttura di corpo e di pensiero questo è il mare. Acqua salata che ci scorre nelle vene da sempre, distesa liquida che non conosce confini, distinzioni, differenze, ci culla, ci spaventa, ci affascina, trattandoci tutti allo stesso modo, come fossimo un’unica cosa. Ciò che in fondo siamo, a dispetto di etnia, credo, sesso, forza, ricchezza, salute e malattia…semplici ed uniche scintille di vita.