
Il ricordo che ho delle erbe spontanee, quelle che crescono ai bordi delle strade, nei campi incolti, casualmente distribuite tra zolla e zolla, è legato alle gite fuori porta della mia infanzia. La macchina di mio padre in rassegnata sosta a bordo carreggiata e mia madre che si lanciava con impensabile entusiasmo in mezzo ad un prato, armata di coltello da cucina e sacchetto di plastica, per tornare trionfante con un bottino di foglie di tarassaco, “streccapogn” per dirla alla bolognese. Piene di terra che si lavava via dopo un numero imprecisato di lavaggi, erano amarognole, buonissime e…un ricordo lontano.
Finora.
Già, perché qui, sui banchi del fruttivendolo, tra le verdure nobili note ai più, spuntano, di stagione in stagione, umili mazzi di erbe, raccolte nei dintorni. Così oltre al ritrovato tarassaco scopro nuovi protagonisti campestri.
Il senapo, foglie di senape selvatica che la tradizione vuole cucinato con la salsiccia e, di recente, il lampascione (nomi rigorosamente italiani, anche se può non sembrare).
Questa piccola cipollina selvatica amarognola si mangia tradizionalmente cotta, in insalata con il cedro. Come spesso accade, però, la natura non offre i suoi doni a buon mercato e pulirle e pelarle non è un’operazione così immediata.
Ma, siamo nell’ospitale Sicilia…e il fruttivendolo, reclutando un incauto avventore, si prodiga per mandarmi in barca con un bottino pronto da cuocere. Quando la semplicità e la genuinità dei prodotti si sposano con gentilezza, cortesia e…cavalleria… non ci sono dubbi. Ne uscirà un piatto favoloso!

Ottimo!!
"Mi piace""Mi piace"