Che la vista sia tra i sei sensi il più sopravvalutato è a mio parere una verità insindacabile.
Gli occhi sono troppo legati alla mente e se vedere ci può provocare gioia, incanto o, al contrario, persino disgusto, raramente ci può trasportare lontano, nello spazio e nel tempo.
In questi giorni di mimose, alberi in fiore, ben prima di “mazzetto simbolo”, è l’olfatto che fa da teletrasporto e in maniera impeccabile.
Così, con un sol soffio di vento che trasporta l’aroma dolciastro delle piccole, gialle e rotonde infiorescenze, torno indietro di 30 anni, mentre scrivo uno dei miei primissimi raccontini (chè la voglia di scrivere è sempre stata mia compagna).
Una storia breve di una donna, che al tempo immaginavo senza averne mai conosciuta alcuna, priva di forze e di speranza, che scopre un soffio di vitale entusiasmo, di gioia e ottimismo in un profumato mazzetto di mimosa. Avvicinandosi alla finestra, che ignorava da tempo, trova ad attenderla la prorompente energia della primavera e un invito a rinascere, un monito a non arrendersi mai…
Non è un ricordo quello che attraverso le narici giunge alla mente. È un vero e proprio salto nel tempo e la collega che ho lasciato 3 anni fa, licenziandomi, ha 30 anni di meno e siede qualche banco avanti al mio e mi dice :
– Bella la tua storia, mi ha commosso!