L’ombra sul muro è molto grande, attorniata di scintille. Gli occhi del ragazzo sono coperti dalla maschera perchè la luce è troppo intensa. Io lo so anche se guardo solo il muro e aspetto che il rumore cessi.
Sono in un’officina di un saldatore e il consorte si è raccomandato: – Girati quando salda, non guardare direttamente la luce. Il ragazzo, invece, guarda bene quello che sta facendo, è preciso, attento, si muove con maestria unendo ciò che fino ad un attimo prima non aveva nessuna intenzione di stare assieme. Quando tutto finisce abbiamo in mano un oggetto nuovo; soddisfatti del lavoro, gli facciamo i complimenti e ci perdiamo, come di consueto, in chiacchiere.
Lui non ha sempre fatto questo mestiere, non è “figlio d’arte”, ha passato lunghi anni all’estero, lavorando sulle navi da crociera. Aveva il portafoglio gonfio, soddisfazioni, ha visto tanti bei posti, dice… e nella pausa tra una parola e l’altra c’è, inevitabile, lo spazio per la domanda di rito: – Perchè? Come mai? Cosa ti ha riportato qui?
Allora il ragazzo comincia a raccontare. E racconta di quel giorno, quel particolare giorno, fermo al porto. Quel giorno di primavera, con l’aria tiepida e un sole nordico un po’ pallido. Un giorno molto simile al giorno prima ma, quel pomeriggio, nel cielo sopra la grande nave hanno deciso di passare le rondini. Non tante, giusto un paio ma abbastanza per ricordargli la piazza del paese invasa dal loro garrire quando erano a stormi attorno al campanile e alle case. E allora, ci dice, è stato come essere improvvisamente non più lì non più in quel momento: era un ragazzino, era nella sua città, qualche mamma chiamava dalla finestra i figli a pranzo, lui, sul suo motorino scendeva per la strada, passava accanto, ad una ad una, a tutte le botteghe…le ricordava tutte… e ricordava il suono del motore, persino l’odore della miscela…
Così ha lasciato le navi, il sole pallido, il portafoglio gonfio. Ha un’ officina, molto lavoro, anche troppo, che a volte non riesce neppure ad andare a mare per pescare, ma è contento. Ed è anche un bravo narratore. La sua storia ha il sapore delle cose semplici e vere e allora penso che il cuore trova sempre un modo per parlarci e, citando liberamente “Apollo 13”
Non si può mai dire cosa, alla fine, ci riporterà a casa.

Che bella storia…
Una verità raccontata con sentimento.
Ma dov’è “CASA”per noi naviganti che, a terra , abbiamo nostalgia delle onde, delle correnti ,degli orizzonti infiniti, ma che in mare non torneremmo più?
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Non so ma, forse, è dove il cuore …”getta l’ancora”…
Un abbraccio 🤗
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