Aria di Natale

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Per la nostra famiglia l’otto dicembre è sempre stato l’inizio vero, se così si può dire, del Natale: si rispolverava l’alberello dalla cantina e io razziavo i boschi alla ricerca di bacche rosse e rami sempreverdi per decorare la ghirlanda.
Qui, anche se Gesù bambino è nato sotto una palma e non sotto un abete, è francamente più difficile entrare nello spirito giusto.
La città, a dire il vero, fa del suo meglio: dalle vetrine occhieggiano Babbi Natale circondati di neve e ghiaccioli, gli alberi dei viali (verdissimi di foglie, non di aghi…) si rivestono di lucette colorate, qualche palazzo antico si mette le paillettes e da qualche giorno nella piazza principale è comparso un piccolo luna park, assolutamente anacronistico, che sembra uscito dal “Popolo d’autunno ” di Bradbury.
Nonostante i passanti sembrino apprezzare e contribuiscano con sciarpe e stivaletti col pelo, decidiamo di andare in montagna (Erice) alla ricerca di suggestioni più familiari.
E il risultato è raggiunto, non tanto per merito delle casette di legno (un po’ tristi) nè per i 18 presepi sparsi per il paese, quanto per la natura che sfoggia un paesaggio davvero natalizio.

 

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Fumi di nebbia nascondono a tratti il paesaggio mentre scende una pioggerella fine fine e le nubi si rincorrono nel cielo.

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Al ritorno, la vista che ci regala l’ovovia sulle luci dorate che illuminano Trapani dopo il tramonto ci mostra (questa volta sì) un vero presepe.
Così, “finalmente” infreddolita e appagata dal vin brûlé (all’altezza dei migliori bevuti in Austria) posso dare libero sfogo alle decorazioni…con il nostro piccolissimo alberello portabile, (regalo lungimirante di un amica) ed una pittoresca pedanetta comprata per l’occasione.
E le tradizioni (più o meno) sono salve…

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Acqua a catinelle

Non so se è un’ anomalia climatica di quest’anno, se è una particolarità di Trapani o se è semplicemente il clima della Sicilia ma forse ho capito perché quello che ho visto di quest’isola, a dispetto della sua posizione geografica, è così verde…
Qua non piove quasi mai e quando piove dura davvero poco ma…PIOVE.
Questa mattina, incurante della notte di pioggia, il cielo si preparava al suo solito azzurro quando una compagna di scuola di Daniela postava queste illuminanti foto…!!!!

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Fortuna che il sole asciuga tutto in fretta!

Bonagia

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Se, come si è solito affermare, i velisti hanno sempre il vento sul naso, bisogna ammettere che anche i cicloturisti possono dire la loro..
Oggi, in vena di prestazioni sportive, siamo andati a Bonagia, una decina di chilometri da Trapani, in bicicletta. La strada che vi conduce ha solo un piccolissimo tratto di ciclabile sul lungomare cittadino, per il resto è una specie di Porrettana costiera. Fortunatamente gli autisti locali hanno la piacevole abitudine di rallentare e scansare i ciclisti con un’attenzione e un riguardo inspiegabili vista la scarsità delle biciclette per strada… ma forse è proprio per questo.
La giornata ha un’ aria di fine estate e dietro ad ogni curva una lussureggiante macchia mediterranea sfoggia ancora colori e profumi: ibischi, clematidi, gelsomini, eucalipti, pini marittimi fanno a gara per negare la vicinanza del Natale.
Bonagia non è niente di speciale: quattro case e un piccolo porticciolo, con i fondali così bassi che le onde frangono anche con un filo di vento; ma la vista su Monte Cofano dall’antica tonnara é fantastica.

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Se l’andata mi fa illudere d’essere in forma fisica a dir poco perfetta, il ritorno col vento, che, questa volta, é al “solito posto” mi riporta alla tragica realtà…
Peccato!
Anche le illusioni non vanno controvento!

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Antica torre saracena

 

Questione di numeri

 

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C’è una domanda che ciclicamente mi viene posta da amici, conoscenti e anche da semplici curiosi. È la stessa domanda che i neo pensionati si sentono fare immancabilmente da tutti gli ex colleghi. “Ma adesso cosa fai tutto il giorno?”
Io ,diversamente da loro, non me la posso cavare con “mi riposo” o “faccio la nonna” e, francamente, resto un po’ spiazzata ogni volta perché, ci crediate o no, io faccio esattamente quello che facevo anche prima.
Non é stato facile da capire, neppure per me, forse perché si tratta semplicemente di numeri ed io ho sempre detestato la matematica.
Cifre astratte e fredde, lontane anni luce dalla realtà… finché ho capito che proprio così non é.
Ci sono numeri buoni e numeri cattivi, numeri generosi e numeri egoisti.
27 novembre = 28 gradi all’ombra é un’equazione calda e piacevole.
7 panini + 0,5 kg di gamberi = 5,50€ è un’addizione generosa e saporita.
Così anche lo scorrere del tempo é una somma di percentuali, di priorità.
Lavoro, affetti, routine, passioni….
50+30+10+10?
90+5+3+2 o 2+3+5+90?
Ci sono infinite combinazioni…ognuno ha le sue, più o meno scelte, più o meno subite.
Quando una percentuale si abbassa un’altra aumenta. Un’ elementare regola matematica che applichiamo con le nostre scelte per tutta la vita.
E così, cosa faccio adesso? Faccio quello che facevo anche prima, meglio, di più, più a lungo, con tempi allargati, distesi e respiri più lenti…

Un giorno in uno dei suoi viaggi il piccolo principe incontró un venditore di pillole che calmavano la sete, permettendo così un risparmio di 53 minuti al giorno…

“Io”, disse il piccolo principe “se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana…”

Nuove firme

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Si riapre il registro degli ospiti …
Leda e Beppe sono venuti a trovarci in questo splendido week-end di novembre. Nel loro accento e nelle loro parole ritrovo un po’ della mia Emilia.
È sorprendente come cambia la musica dei luoghi.
Ascoltarli è un po’ tornare con piacere alla piadina e alle due torri…
Per evitare di rendermi troppo nostalgica il mare fa del suo meglio e con ottimi risultati.
Passiamo la giornata in barca, costeggiando la spiaggia di Trapani, fino al golfo di Bonagia, sotto il profilo severo di Monte Cofano.
La giornata è tersa e calda come fossimo a Maggio. Non c’è gran vento ma ce lo facciamo bastare.
A terra, invece,i locali, forti di un termometro che segna 16 gradi di minima, si lamentano del freddo…
Davvero a questo mondo è tutto relativo!

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Specchio specchio delle mie brame…

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Se vi chiedessi di elencare ciò che manca ad una barca per essere una vera “casa” scommetto che avreste una moltitudine di idee; eppure sono quasi certa che questo dettaglio squisitamente femminile vi sfuggirebbe.
Si direbbe che i veri marinai rifuggano i riflessi. Probabilmente è per questo che lo specchio del bagno rimanda allo sventurato che gli si avvicina un’ immagine di un colore vago, leggermente deforme e, anche se lo specchio della toeletta della cabina di prua è un po’ meglio, non esiste comunque un “qualcosa” in cui potersi vedere per intero…
Sembrerebbe un dettaglio di scarsa rilevanza ma provate a mettervi un vestito che non indossate da un po’ senza guardarvi e riguardarvi o, ancora meglio, chiedete di non farlo a vostra figlia adolescente quando esce la sera…
Eppure così é.
E la cosa bella è che, in assenza di un riflesso obiettivo, non resta che fidarsi di quel che si vede abbassando lo sguardo e… passare oltre.
Vi pare poco?
Se quella narcisista della regina cattiva fosse vissuta in una barca invece che in un castello si sarebbe evitata un attacco di bile, una trasformazione repellente e infine una tragica fine.
Meditate, gente, meditate!

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S. Martino

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A dispetto dell’estate di S. Martino, e tanto per sfatare i luoghi comuni, oggi è un giorno d’autunno. Cielo bigio, pioggerella fine fine che va e viene, l’orizzonte nascosto dalla nebbia. Quasi quasi è persino piacevole. Le giornate a tinte pastello, quando non diventano un’abitudine, hanno il loro fascino, rilassano, e rallentano pensieri e azioni.
Nelle vetrine dei fornai oggi, in bella vista, ci sono cartelli scritti a mano a lettere cubitali: muffolette calde. E gli “oggetti” in questione, tipici del 11 novembre, sono dei piccoli paninetti tondi e soffici con semi di finocchio, rigorosamente bollenti.
Si mangiano imbottiti con ricotta o provola o con acciughe, olio e pomodoro.
Inutile dire che sono buonissimi, come del resto tutto il pane che qua i fornai sfornano a ripetizione per tutto il giorno.
Il cibo è senz’altro un strumento sincero e privilegiato per conoscere realtà e culture diverse.
Bisogna farsene una ragione…
…A volte la vita dell’ immigrato può essere dura…😉

“E venne per passare”

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Ore nove: il vento ENTRA, non “arriva”, non “si alza”, ENTRA e non chiede permesso.
Prima non c’era, adesso sì. Prima il mare era piatto come una tavola, ora ci sono le creste bianche in porto. Prima c’era il silenzio, adesso gli alberi fischiano e la barca scricchiola.
Durerà poco o a lungo, si sposterà, aumenterà, calerà, darà spettacolo, ma poi, USCIRA’, così come è venuto se ne andrà, come l’aprirsi e il chiudersi di un sipario.
Quando si vive accanto (sopra…) alla natura ci si abitua all’altalena degli eventi. C’è sempre un “prima”, un “ora” e un “dopo” e per quanto “ora” possa essere devastante, impetuoso, spaventoso,  “dopo” arriva sempre.
Vivere col vento vero aiuta a ricordare che quando il maestrale della vita ci travolge, prima o poi…

…la tempesta sarebbe passata. Il mare si sarebbe calmato.
Come sempre.
(Lowry Lois)

Agrigento

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Non c’é due senza tre e così, dopo Segesta e Selinunte,  non poteva mancare la valle dei templi di Agrigento. Da Trapani 175 chilometri su un’autostrada con limiti di velocità
svizzeri e paesaggi che più che all’Africa somigliano alla Toscana: verdi di ulivi e viti, gialli di limoni e aranci e all’orizzonte sempre lui: il mare.

Arriviamo ai templi nel primo pomeriggio e i turisti sono davvero pochi, il che, per noi, è un valore aggiunto. Fa eccezione un gruppo, probabilmente greco, che improvvisa una specie di rappresentazione davanti al tempio della Concordia.

 

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Il sito è all’altezza della sua fama anche se, francamente, mi manca un Alberto Angela tascabile o, almeno, un’audioguida per decifrare i resti che sono davvero tanti.

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Mi accontento di gustarmi l’atmosfera che non risente della scarsità di notizie e che, anzi, al tramonto dá il meglio di sé, tingendo ogni cosa di una luce calda che passa tutti i toni dall’ arancione al rosa.

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Così, per un attimo, la moderna Agrigento, in lontananza, si fonde nello stesso colore dell’antica Akragas e a quel punto riuscire a stabilire l’esatta collocazione delle pietre che abbiamo davanti diventa, fidatevi, l’ultimo dei problemi.

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L’apparenza inganna e…ingrassa😉

Dunque, immaginate, dopo aver visitato il centro storico di Marsala, scevro di turisti, tranquillo, ricco di angoli caratteristici

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e dopo aver guardato il sole tramontare in modo spettacolare sulle saline…

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immaginate, dicevo, di decidere di raggiungere località “Dattilo”, il luogo da tutti deputato “patria del cannolo”.
Come spingere il pulsante del telecomando, passando da un documentario ad un horror, vi troverete in un nulla totale di strade strette, senz’anima viva tranne cani randagi che si gettano abbaiando contro l’auto. Qualche casa qua e là e i cartelli stradali, illuminati dai fari, saranno le uniche spettrali testimonianze della presenza dell’uomo.
Poi, ecco Dattilo: una strada, qualche lampione, qualche essere umano e un bar pasticceria anonimo, semivuoto e vagamente inquietante.
Sfidando la sorte fatevi forza, entrate a prendere i tanto declamati cannoli e…chiudete gli occhi perché per quello che state assaporando sareste giunti fin qua anche in bicicletta, sfidando i “lupi”!!!
Il cannolo non è il mio dolce preferito ma questo è davvero il più buono del mondo!
Non ho foto della meraviglia in questione, eravamo troppo impegnati a stupirci e ad assaporare…!
In compenso oggi riesco ad immortalare la torta di compleanno ancora intatta ( a proposito, mai compiuto gli anni in canottiera e pantaloncini…) che, per quanto difficile a credersi, nonostante il recente ricordo di Dattilo, riesce ad essere all’altezza!!!
Giornate impegnative per il colesterolo!!!

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Globalizzazione

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È ormai da un po’ che i confini tra cibo e culture si sono fatti labili e indistinti. Si mangia il cus cus sotto le due torri, si festeggia Halloween a Calderino, il salame ungherese va alla grande a Trapani…
Eppure, quando ho visto comparire lungo le strade cittadine, piccoli banchetti ambulanti con bracieri da cui provenivano fumi e profumi familiari ho stentato a crederci…
In barba a tutte le nostre ipotesi precedenti l’acquisto, era proprio quel che sembrava: sotto un cielo blu cristallino, con 22 gradi e i sandali ai piedi si mangiano le caldarroste!!
Nel mio immaginario la buccia annerita dei marroni va a braccetto con cieli bigi, maglioncini di lana, nebbia, tappeti di foglie gialle e rosse e serate in casa con lo strofinaccio bollente, pieno di caldarroste sulla tavola.
Mangiarle qui e ora è come passare il Natale alle Maldive… che schifo certo non fa … ma strano sì.
Unica connotazione “straniera”, peraltro molto gustosa è il sale ( se non qui, dove?) che viene messo sulla carbonella e tinge la buccia delle castagne di un insolito bianco e le insaporisce appena un po’.
A testimonianza che il buono è buono ovunque, anche i locali dimostrano di gradire molto e, quindi, incurante del clima, non mi resta che augurare…Buon autunno a tutti!

Concludo con una firma nel nostro registro virtuale che è stata oggetto di dubbi e perplessità. Essendo l’ospite di turno nostra figlia, era incerta l’opportunità di farle apporre o meno la firma. Ma ci ha pensato lei a sciogliere ogni dubbio. Nel suo lungo e variopinto elenco di esperienze oggi ha aggiunto quella di modella per acconciature…!
Essendo lo scopo recondito di questo blog il dispensare buon umore, non potevo lasciarmi sfuggire un’occasione così…😀
Ed ecco Silvia, versione Crudelia Demon.

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E sotto il maestrale…

 

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…Urla e biancheggia il mar… continuava Carducci.
E il mare bianco lo è per davvero. Tutto l’orizzonte è un susseguirsi di creste che si infrangono e il vento, fortissimo, gonfia le onde alzandole verso il cielo.
Eppure il mare non sembra arrabbiato.
Non è come l’ira dell’Adriatico quando sbatte impotente contro gli scogli, con onde frenetiche, una dopo l’altra.
Qui è come se il mare si riprendesse parte della terra che gli spetta.
Per quanto grandi siano, le onde si stendono sulla spiaggia con una forza priva di rabbia, quasi con grazia.
È un ballo, potente e affascinante…da guardare da lontano, con i piedi ben saldi per terra…!
Neppure i traghetti si muovono ma qualcuno là fuori c’è perché vediamo rifugiarsi nel porto più di una vela della “Rolex Middle Sea Race”.
Uomini coraggiosi.
Ben lontani da simili imprese, noi ci godiamo il vento e rendiamo onore al mare a modo nostro: sempre con una vela ma piccola, colorata e legata a un filo…

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Tortellini e pasticcini

 

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Chi fosse capitato in marina oggi, alle tre di pomeriggio, avrebbe assistito ad un inconsueto spettacolo: 9 diciottenni sedute in veranda a gustare tortellini alla panna (i puristi mi perdoneranno, ma il brodo con 30 gradi…) Il fatto è che Daniela è tornata da Bologna con il noto must bolognese da fare assaggiare alle compagne. I più maligni tra voi potranno obiettare che con quel che ho fare potevo pure farli io, ma chi mi conosce bene sa che l’onore della mia città è salvo solo grazie all’opera delle sfogline felsinee…e delle dritte dell’amico Paolo che conosce le migliori…
Così, anche se per meriti altrui, la cucina bolognese è stata ampiamente apprezzata.
In cambio, le ragazze avevano portato un vassoio di pasticcini locali, dal peso specifico del mercurio e dall’apporto calorico pari ad una tripla porzione di lasagne, ma ovviamente buonissimi.
Così tra scambi culinari e culturali scopriamo che loro, ad ottobre, ormai hanno a noia il mare e la spiaggia e che invidiano, invece, il “verde verde” dei prati di montagna e la neve.
Nulla di nuovo: noi esseri umani ci stanchiamo presto di ciò che abbiamo a portata di mano, per questo ci muoviamo tanto.
In attesa di stancarci, però… ecco due foto di “Cala Rossa” come vi avevo promesso un po’ di tempo fa.
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Non sono così spettacolari  come  le cartoline scattate dalla spiaggia, che si trovano nei negozi di Favignana, ma la baia è davvero stupenda e se da qui non sembra così caraibica è perché, a volte,  per vedere  bene la bellezza bisogna esserle un po’ distanti.

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Sale

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Sono in pochi a sapere che le cose che vedono rappresentano solo gli effetti, e a comprendere le cause che hanno permesso di portarli sul piano dell’esistenza…perciò desidero che prendiate un oggetto e percorriate a ritroso la strada della sua origine per vedere in cosa esso consista realmente…
(Charles F. Haanel )

Ed ecco, l’oggetto è un cristallo spigoloso e tagliente, lucido, brillante e scivoloso.
E la strada che percorriamo con le nostre bici pieghevoli, per un buon tratto su una commovente ciclabile, da Trapani conduce a Marsala, costeggiando una laguna, fiancheggiata dalle note saline.
La meta, dopo circa 8 km, è Nubia e il suo museo del sale.
Piccolino ma ben tenuto, è dislocato all’interno di un casolare di 300 anni. La guida è, come ormai d’abitudine, una ragazza giovane e brava e ci fornisce un sacco di notizie interessanti oltre a farci chiaramente capire che il lavoro nelle saline non era e non è ( qui a Nubia lo raccolgono ancora a mano) la cosa più riposante e salubre del mondo…
Attorno al casolare gli specchi d’acqua si colorano di rosa ( merito di un batterio) e i cumuli di sale sembrano neve che luccica al sole.
Inusuali in questo panorama si stagliano i mulini che servivano per pompare l’acqua.
Uccelli di ogni specie popolano la laguna e, anche se i fenicotteri rosa é riuscito a vederli solo Stefano, proviamo l’emozione di trovarci, per un istante, sommersi da uno stormo di bianchi gabbiani che si alzano in volo tutti assieme, sopra di noi.
I nostri mezzi di trasporto non ci permettono di seguire il suggerimento della guida e attendere il tramonto, ma il buon Haamel sarebbe contento di sapere che d’ora in poi, guardando un granello di sale, vedremo anche tutto questo…

Il tonno non si taglia con un grissino

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E’ zio Peppe che in uno splendido italiano siculo sfata il mito del tonno così tenero che…

Giuseppe, in arte zio Peppe  appunto, é un ex lavoratore della tonnara di Favignana. Una voce forte e stentorea, una presenza scenica da attore comico e una corporatura esile che non nasconde la forza di chi ha lavorato per una vita: è una vera sorpresa trovarlo come guida all’interno dello stabilimento. Chi meglio di un operaio che ha trascorso 40 anni nella tonnara può far rivivere quei tempi?

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Attraverso le sue parole assistiamo all’arrivo dei tonni, li vediamo appesi a sgocciolare sangue, li mettiamo a bollire e poi dentro alle scatole di latta, chiuse ad una ad una. E se per caso se ne deve riaprire una, per fare uscire il tonno

…il coltello ci vuole, che persino si può rompere, figuriamoci un grissino…

Quando zio Peppe ci lascia in compagnia di una guida ufficiale ( una ragazza giovane e bravissima, peraltro) ci fa un ultimo regalo: mentre ci immaginiamo il rais che guida la mattanza, intona con voce ancora ferma,  i canti dei tonnaroti e… si resta incantati.

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Potrebbe bastare, invece la visita si conclude con la sala della battaglia delle Egadi, dove lo scontro navale avvenuto a nord-ovest di Levanzo tra Romani e Cartaginesi é testimoniato da una serie di reperti davvero considerevoli.
Che un posto così non abbia file di turisti all’entrata continua ad essere un mistero per me…

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Le prossime righe sono un doveroso chiarimento solo per chi non ha occasione di andare dal vivo a trovare zio Peppe.
La mattanza é il momento in cui i tonni, dopo essere stati spinti in un labirinto di reti, si trovano in un’ultima “stanza”, così stretti che cominciano ad uccidersi tra loro a colpi di coda; a quel punto gli uomini in barca, i tonnaroti, li arpionano dando loro il colpo di grazia.
Il rais è il capo, colui che decide il momento della mattanza è che organizza il lavoro degli uomini.
A Favignana vive ancora l’ultimo rais. L’ ultima mattanza é stata quella del 2007.

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Contrasti amari

 

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Mezzogiorno, sul molo, in attesa del traghetto per Favignana. A pochi passi un’enorme nave da crociera: bianca, lucida, imponente!
Ma ecco che dietro alla prua spunta un gommone: nero, piccolo, pieno di gente.
Sul molo, l’altro molo… tende da campo blu, via vai di bianche divise della Marina, camici, forse medici, infermieri…
Non serve scomodare filosofi o politici.
Basta un teleobiettivo per schiacciare l’uno accanto all’altra il nero gommone e la bianca nave.
Una triste istantanea dell’assurdità del nostro mondo…!

Non sarà facile, oggi, godersi la giornata.

Ma dove vanno i marinai…

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Credo di essere una delle poche persone al mondo praticamente immune al fascino dei “famosibelliericchi”. Non tanto per spirito bolscevico o coscienza proletaria, quanto per la mia genetica ed indiscussa incapacità di riconoscere volti o nomi di chicchessia. Le mie sviste su attori, cantanti e personaggi pubblici sono negli annali del Guinness delle gaffes, oltre naturalmente ad essere oggetto di eterne prese in giro da parte degli… amici. Così nessuno si stupirà se soltanto ora mi sono decisa a documentare l’arrivo dei nostri nuovi vicini. Anche a pensarci bene bene, non mi viene in mente proprio nessun luogo, anche fortuito o improvvisato, in cui la mia presenza avrebbe potuto essere accostata a quella dei signori, in arte “Prada”. E invece da qualche giorno e, a quanto pare, per parecchio tempo, ci divideremo l’ormeggio.

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L’Ulisse è una barca bellissima ma la cosa davvero interessante sono i marinai. Mestiere inusuale, il loro. In pianta stabile sul meraviglioso oggetto passano le giornate a lucidare acciai, pulire draglie, lucidare il teak del ponte e, in giornate come queste, (con 16 nodi e mare piatto) capita di vederli fuori dal porto a provare le vele. Stanno lontani da casa per mesi; spesso, se imbarcati in barche più piccole, da soli. Spostano la barca dove l’armatore la desidera e l’accudiscono quando lui è altrove. Sono mozzi, cuochi, timonieri, meccanici e grandi narratori per chi ha voglia d’ascoltare. Raccontano storie di mare, ovviamente, di regate, di tempeste, di pescatori, quando capita abbiano fatto anche quello.
Tre di loro, imbarcati in barche a motore, ci hanno fatto compagnia in questi ultimi tempi, prima di portare la barca altrove. Agile come un acrobata, uscito da un libro di Conrad, uno, stile “Coppa America” il secondo e, ad una prima occhiata, più un cordiale commerciante che un esperto comandante di lungo corso, il terzo.

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io e Skander, il comandante.

Persone diverse, ma tutte molto interessanti, cordiali e, soprattutto, genuine e sincere ( merce rara di questi tempi). Perciò, perdonerete l’ardire se affermo che non muoio dalla voglia d’incontrare i nostri blasonati vicini, ma spero, invece, di riuscire a fare quattro chiacchiere con i ragazzi che di Prada hanno solo la divisa…

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Egadi, toccata e fuga

Come tutti voi sapete, le Egadi sono tre splendide isole proprio davanti a Trapani.  In questi giorni le abbiamo sfiorate, per così dire, in circostanze diverse e, a loro modo, particolari.

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Favignana, la piú mondana delle tre, ci vede ospiti di Luca e Stefania e della loro “Stef”, in una giornata di vento e mare che fatico a definir tranquilla. Onde di due/tre metri e forti raffiche di vento ci accompagnano fino al piccolo porto dove un rotolo di dimensioni imbarazzanti di corda sintetica (decisamente robusta, quindi) decide di impigliarsi nell’elica, costringendo il comandante ad un ormeggio senza vela e senza motore, degno di Caprera…!
Aiutati da un provvidenziale gommone in sosta e da un ormeggiatore di passaggio, riusciamo a sbarcare e a passeggiare un po’ per il paese, ancora garbatamente turistico, poi lasciamo la chiglia di “Stef” nelle mani di un sommozzatore e torniamo in aliscafo.

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Direttamente in aliscafo, invece, affrontiamo Levanzo; versione: turisti terrestri, stile trekking. In paese si respira una calma surreale: casine bianche, persiane blu; nè cinguettii, nè note di risacca, nè sibili di vento. L’interno dell’isola, dove ci addentriamo seguendo i sentieri tracciati, è deserto e altrettanto silenzioso. Tracce di capre o pecore (non so ancora distinguere le fatte) e qualche raro bagnante fanno da contorno. Ci godiamo il tutto passeggiando, con tanto di bastoncini da Nordic, per un paio d’ore, riuscendo a percorrere nemmeno un terzo dell’isola.

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Ultima, in ordine di tempo, l’escursione a Marettimo. La piú lontana e la piú selvaggia delle isole ci accoglie dopo una splendida veleggiata, quasi al tramonto. L’acqua del minuscolo porto è di una trasparenza imbarazzante e i monti incombono sul grappolo di case, anch’esse rigorosamente bianche e blu, accomodate intorno al porto. Ceniamo con gli amici di “Bravo papà” e “Golly” facendo scorpacciata di pesce fresco e…barzellette piú o meno goliardiche, oscillando dal siciliano del gestore Giovanni al bresciano degli amici velisti. Le viuzze del paesino, illuminate dalla luce arancione dei lampioni, ci riaccompagnano al molo, dove, una luna velata, lascia presagire il maltempo del giorno dopo, che ci costringerà, infatti, ad una sortita prematura alle otto di mattino.

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Tre isole, tre paesi, tre assaggi. Tutte e tre simili e diverse, capaci di incuriosirci. Le abbiamo lasciate tutte con il proposito di tornarci presto, per vedere e fare altro. È un’altra conferma dei mille volti di questa città. L’ abbiamo scelta, senza neppure pensarci troppo, quasi solo per le coordinate geografiche e il liceo di Daniela ma si è rivelata una scelta logistica davvero riuscita. Capita, a volte, che le cose siano anche meglio di come te le aspetti!

La prova del nove

Ci sono persone che sono bravissime non solo a cucinare ma anche a conservare gli alimenti in mille modi creativi: marmellate, conserve, sottaceti (!!!); e persone che sono bravissime a…riconoscere le persone di cui sopra e a scovare i ristoranti e le rosticcerie migliori.

La brevissima sequenza fotografica che segue  testimonia l’assaggio delle famigerate olive di Tonino e chiarisce, senza ormai ombra di dubbio, a quale categoria appartengo…

 

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assaggio
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primo impatto
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effetto finale

 

Tonino e le olive

Sembra un titolo di un racconto di Marcovaldo e, in realtà, il protagonista non sfigurerebbe tra i personaggi di Calvino.
Tonino ha l’aspetto del Mangiafuoco della Disney: è tarchiato e robusto, brizzolato, pizzetto e baffi a compensare una capigliatura non troppo folta. Ha un banchetto di frutta e verdura in un mercato di poche bancarelle accanto a quello del pesce. Tutte le mattine, domenica compresa, aspetta gli avventori. Incontrato a marzo, quando siamo venuti in avanscoperta, l’ho rivisto ora e ho deciso che sarebbe diventato il mio “fornitore ufficiale”. Dopo tre mattine di acquisti le mie informazioni sul suo conto erano notevolmente aumentate e… anche le sue su di me, a onor del vero.
Tonino ha della buona frutta e verdura ma una concezione del tutto personale delle quantità. Tre cipolle diventano cinque, un grappolo d’uva, due, e, immancabilmente, nel sacchetto della spesa ci finisce qualche omaggio. Così, per tre giorni, ho il frigo stipato di vegetali. Questa volta l’omaggio è stato una manciata di olive: appena colte dall’albero, dure, verdi e scivolose. Io cittadina, mai avuto in casa qualcosa di simile. La cosa bella è che, secondo le istruzioni impartitemi, ho dovuto incidere gli oggetti alieni, metterli in un barattolo con aceto bianco e un misto di erbe aromatiche, omaggiate anch’esse, e lasciarli lí in attesa della magica trasformazione che li renderà commestibili a partire dal terzo giorno in poi. Ora, chi mi conosce e soprattutto conosce le mie doti culinarie se la starà ridendo di gusto ma, anche per tutti gli altri il dibattito è aperto. Riusciranno i nostri eroi a mangiare le olive in questione? A martedì l’arduo responso. Le scommesse sono aperte!

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